Due zifii (Ziphius cavirostris) si sono spiaggiati alcuni giorni fa vicino a Siracusa.
Lo zifio è un cetaceo appartenente al sottordine Odontoceti, cioè balene coi denti (non c’entra quindi nulla con le balenottere, con cui viene confuso sui giornali), e fa parte della famiglia Ziphidae. I membri di questa famiglia sono cetacei di medie dimensioni (lo zifio raggiunge i 7-8 metri di lunghezza) e sono tutti estremamente schivi. A questo comportamento si deve la scarsissima conoscenza che si ha su questi animali, alcune specie dei quali sono note solo grazie al ritrovamento di pochi individui spiaggiati o addirittura di poche ossa.
Secondo un recente report di ACCOBAMS (Agreement on Conservation of Cetaceans in the Black Sea, Mediterranean Sea and Contiguous Atlantic Areas) di Notarbartolo di Sciara & Birkun (2010), in Mediterraneo lo zifio è relativamente abbondante. La sua presenza è normalmente associata alla presenza di canyon o scarpate di notevole profondità. Si trova in mar Ligure, presso il Canyon di Genova, nello Ionio e basso Adriatico, e nel mare di Alboran, nei pressi di Gibilterra. È anche segnalato nel mar Tirreno e lungo le coste greche e turche. Lo zifio si trova generalmente isolato o in piccoli gruppi di 2-3 individui, e si nutre prevalentemente di cefalopodi che caccia durante immersioni lunghe e profonde.
Data la difficoltà di avvistamento, lo zifio è stato a lungo ritenuto una specie estranea al mediterraneo, e i saltuari spiaggiamenti, a volte anche di massa, venivano spiegati con l’impossibilità di trovare nutrimento, che avrebbe portato all’inedia. Col tempo, invece, si è capito che lo zifio c’è sempre stato, e gli spiaggiamenti sono stati associati ad alcune attività antropiche, in particolare alle esercitazioni militari con sonar attivi a bassa frequenza per l’individuazione di sommergibili “invisibili”, che vengono effettuate in varie zone del mondo da molti eserciti.
Come altri deep-divers, quei cetacei che passano gran parte della propria esistenza nuotando a grandi profondità, lo zifio si spinge al limite delle proprie possibilità sfruttando gli adattamenti fisiologici di cui l’evoluzione lo ha dotato.
In queste condizioni, un fattore di disturbo improvviso può spaventare l’animale, che risale velocemente e senza dare il tempo al corpo di abituarsi gradualmente al cambio di pressione e agli altri fisiologici durante la risalita. Questo causerebbe gravi danni al sistema di orientamento e al sistema nervoso in genere, e porterebbe gli zifii a spiaggiarsi, ed infine a morire a causa dei danni riportati. Secondo un’altra teoria, invece, sarebbero direttamente le onde dei sonar a causare il danneggiamento dei tessuti nervosi degli zifii, e a provocarne la morte.
La NATO, preoccupandosi per la sorte dei cetacei e per la propria immagine fra l’opinione pubblica, si è impegnata fortemente per ridurre gli incidenti di questo tipo, finanziando ricerche volte all’individuazione delle aree più abitate da questi animali con lo scopo di evitare esercitazioni pericolose in questi luoghi.
Detto fatto. L’uso di sonar non è certo l’unica causa di spiaggiamento di cetacei. E i due zifii di Siracusa sarebbero stati aiutati con successo a riprendere il largo, secondo quanto si legge sulla stampa, suggerendo un lieto fine per la vicenda. Ma alcuni osservatori fanno notare che, proprio nei giorni precedenti allo spiaggiamento, alcune esercitazioni militari, denominate “Proud Manta”, avrebbero avuto luogo nella zona. La connessione è tutt’altro che certa, ma il dubbio è forte.
Citazioni:
Notarbartolo di Sciara G., Birkun A. Jr., 2010. Conserving whales, dolphins and porpoises in the Mediterranean and Black Seas: an ACCOBAMS status report, 2010. ACCOBAMS, Monaco. 212 p.
Immagini e commento:
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