
Ora, dopo più di un anno, uno studio ha permesso di identificare alcuni degli esemplari spiaggiati, restituendo un nome ed una storia a questi misteriosi cetacei. Lo studio di Alexandros Frantzis e colleghi, pubblicato su Deep Sea Research I, si è avvalso della tecnica della foto identificazione (di cui ho parlato nel post precedente). In particolare, sono stati comparati 3 database di foto di capodogli in Mediterraneo, appartenenti a gruppi di ricerca differenti e operanti in zone diverse (fra cui l’Istituto Tethys, che compie le sue ricerche in Mar Ligure). Questo ha permesso di identificare, fra i circa 300 individui compresi nei cataloghi, 3 dei 7 capodogli spiaggiati. Due di loro, chiamati Cla e Pomo, sono stati avvistati negli anni scorsi in mar Ligure, nella stagione estiva; il terzo, Zak Whitehead, era conosciuto in mar Ionio, dove era stato avvistato più volte insieme al gruppo di femmine in cui era nato.
Lo studio, oltre a ridare un’identità ed un nome ai giovani capodogli, ha prodotto un risultato importantissimo e finora mai trovato: l’esistenza di flussi migratori fra i bacini Occidentale (mar Ligure) e Orientale (Ionio e basso Adriatico) del Mediterraneo. Oltre ai 3 individui spiaggiati, lo studio ha anche identificato un quarto individuo, Odysseas, il quale è stato fotografato prima in mar Ligure e poi, a distanza di 13 anni, nello Ionio.
Perché è importante la scoperta di flussi fra i due bacini? Perché la popolazione di capodogli mediterranei è piccola, isolata (ci sono pochissimi scambi con l’Atlantico) ed in pericolo, come dimostrano gli spiaggiamenti e le collisioni con le navi, tutt’altro che rare. L’esistenza di due sottopopolazioni ancor più piccole potrebbe portare ad una mancanza di ricambio genetico, ed all’estinzione.
Un dato interessante è che gli individui che si sono spostati fra i due bacini erano tutti maschi. È risaputo che, mentre le femmine e i giovani di capodoglio si radunano in gruppi stabili e duraturi, probabilmente stanziali, i maschi adolescenti si allontanano, formando piccoli gruppi e divenendo col tempo solitari. In Mediterraneo, ad esempio, sono noti alcuni gruppi di femmine e giovani capodogli residenti abitualmente nello Ionio e nelle isole Baleari. In mar Ligure, invece i maschi vanno a nutrirsi durante la stagione estiva, soli o in piccoli gruppi. L’ipotesi fatta in questo studio è che, mentre le femmine sono stanziali, siano i maschi a migrare da un bacino all’altro, garantendo lo scambio genetico fra popolazioni altrimenti isolate.
Infine, lo studio fa notare con allarme che gli unici corridoi fra i due bacini sono due zone a forte rischio per i cetacei: lo Stretto di Messina e il Canale di Sicilia. Lo stretto di Messina un tempo era un corridoio di transito per i capodogli, ma da anni non ne vengono avvistati, complice probabilmente l’intenso traffico navale e i rischi legati alla pesca (per non parlare della caccia diretta, perpetrata dai pescatori verso la metà del XX secolo a colpi di dinamite). Questo corridoio è quindi ormai un passaggio chiuso. Resta il Canale di Sicilia, ma, visto l’aumento di perforazioni e attività legate all’industria di estrazione del petrolio, anche qui il disturbo è in aumento. I capodogli, infatti, sono estremamente sensibili ai rumori, in particolare alle esplosioni subacquee necessarie per le indagini su nuovi giacimenti petroliferi. La presenza e l’aumento di queste attività nel bel mezzo del canale di Sicilia potrebbe quindi costituire una barriera per i maschi che migrano, e causare così l’isolamento genetico delle due popolazioni.
Tutte queste ipotesi, comunque, hanno bisogno di ulteriori conferme e di verifiche. Per questo è importante che gli studi di foto identificazione a lungo termine, che hanno dato finora risultati di grandissima importanza, vadano avanti.
Per ulteriori informazioni:
articolo:
Frantzis A., Airoldi S., Notarbartolo-di-Sciara G., Johnson C., Mazzariol S. (2011) Inter-basin movements of Mediterranean sperm whales provide insight into their population structure and conservation. Deep-Sea Research I 58 454-459.
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